Aaaahhh lo Champagne! Che gusto, che bontà, che qualità!
Un attimo, riformuliamo l’esclamazione qua sopra: ah, il metodo tradizionale, che gusto, che bontà, che qualità!
Eh già, perché troppo spesso, quando si cita lo Champagne, ci si riferisce involontariamente al metodo di produzione più che al vino specifico. Se infatti la regione di produzione è la Champagne, il vino è lo Champagne e il metodo di produzione è quello champenoise. Al di là di incartamenti dovuti ad articoli maschili e femminili, ciò che conta davvero è la tecnica con la quale il vino viene realizzato. Nello specifico, il metodo champenoise prevede – super super super semplificando – la seconda fermentazione in bottiglia, nella quale avverrà l’affinamento sui lieviti e che sarà proprio quella che compreremo, magari anni dopo la vendemmia, appoggiandola sul tavolo.
È bene ricordare però che tale tecnica di produzione di spumanti è utilizzata oggigiorno ai quattro angoli del mondo ma, per motivi di tutela legale del marchio Champagne, la dicitura metodo champenoise non può essere spesa al di fuori della regione francese della Champagne. Ecco così che, diversi decenni or sono, Paesi e regioni produttrici di spumante realizzato con lo stesso metodo (a differenza del metodo Charmat, che prevede entrambe le fermentazioni in autoclave, prima dell’imbottigliamento) hanno adottato termini propri per sottolineare la tecnica in questione: sono nati così il Metodo Classico (Italia), il Cava (Spagna), il Sekt (Germania), il Cap Classique (Sudafrica) e, più genericamente gli Sparkling wines (Paesi anglosasssoni).
Pur essendo due metodi di produzione ben distinti, il Metodo Classico (dai, un po’ di patriottismo, parliamo di quello italiano!) viene spesso contrapposto – con relativo poco senso – al Metodo Charmat. Al di là di aspetti tecnici legati al processo produttivo, una differenza molto sottile, ma raramente citata, fra i due metodi riguarda l’omogeneità del risultato. Con il Metodo Charmat l’intero processo di vinificazione avviene in autoclave e, solo successivamente, avviene l’imbottigliamento, il che si traduce nell’avere ogni singola bottiglia identica all’altra laddove, con il metodo classico, il vino viene imbottigliato prima della seconda fermentazione – che avverrà appunto all’interno della bottiglia – così che ogni vino evolverà in totale autonomia e, potenzialmente, con delle piccole differenze tra ogni singola bottiglia.
Quindi, se volessimo comprare tanto – ma tanto tanto – spumante metodo classico con la certezza che ogni bottiglia sia identica all’altra, come potremmo fare? Semplice, utilizzando il Metodo Transfer. Semplice davvero? Mah, insomma, sulla carta questo metodo, prevalentemente utilizzato nei Paesi del Nuovo Mondo – in particolare in Australia – sembra più un ufficio complicazioni affari semplici…eppure ha il suo vantaggio. Utilizzato tipicamente per produzioni di notevoli dimensioni, tale tecnica spumantistica è una via di mezzo tra il metodo classico e il metodo charmat. La prima fermentazione avviene infatti in autoclave (o altro contenitore, ma comunque diverso dalla singola bottiglia), mentre la seconda avviene in bottiglia (come per il metodo classico); terminata la presa di spuma (sono nate le bollicine!) tutte le bottiglie vengono riversate nuovamente in autoclave, dove anche le più piccole differenze fra singole bottiglie verranno così omogeneizzate nella massa di vino; finito qui? Ovviamente no, dopo gli opportuni filtraggi per eliminare lieviti ed altre impurità, si procede nuovamente all’imbottigliamento (in atmosfera controllata, come per il metodo charmat). Risultato? Migliaia, se non milioni a volte, di bottiglie l’una perfettamente identica all’altra.
E la qualità? Non vogliamo parlarne? Certo: sulla carta, non è assolutamente messa in discussione. Sulla carta perché, come in qualsiasi produzione di vino, la tecnica di produzione incide sulla qualità (concetto talmente vasto da necessitare molto vino, molto tempo, molta libertà di pensiero per arrivare ad una sua definizione) per una minima frazione del totale, mentre il peso maggiore è dato dalle scelte del produttore.
Allora che facciamo, smettiamo di utilizzare il termine Champagne per parlare di spumanti “buoni” e iniziamo a valorizzare le specifiche produzioni? Anche perché – attenzione, spoiler!!! – pure tra gli Champagne ci sono prodotti di qualità più che discutibile…
Roberto Lo Russo
Formazione Sommelier Degustibuss Milano