Oggi nel panorama della viticultura nazionale ed internazionale siamo abituati a parlare o leggere quasi sempre dei soliti noti, Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon, Sangiovese, Nebbiolo, ecc.
Ma la fortuna del Bel Paese è quella di contare la più alta concentrazione di varietà di vitigni in assoluto, alcuni noti altri meno, altri ancora dimenticati e riportati alla luce da alcuni coraggiosi coltivatori, come il caso del vitigno di cui voglio parlarvi: il Pallagrello.
Per scoprire il vitigno Pallagrello dobbiamo scomodare sua Maestà
Per raccontare la storia di questo vitigno dobbiamo fare un salto indietro nelle memorie, fino alla metà del 1700 e andare in Campania dove Ferdinando I di Borbone, re di Napoli, si dedicava con grande ispirazione e dedizione alla sua passione per l’agricoltura, nelle sue terre di campagna.
Alle spalle della reggia di Caserta il Re decide di realizzare una vigna sperimentale detta la vigna del ventaglio, appunto per la sua conformazione, precisamente nella tenuta di San Leucio.
La vigna era stata disegnata da Luigi Vanvitelli, noto architetto napoletano del ‘700, e si sviluppava a raggiera da un unico fulcro davanti al cancello d’entrata.
Qui Ferdinando I decide di piantare tutte le varietà che ritentava particolarmente pregiate limitatamente a quelle presenti nel Regno delle Due Sicilie: Lipari rosso, Delfina bianco, Procopio, Lipari Bianco, Siracusa Bianco, Terranova Rosso, Corigliano Rosso, Siracusa Rosso. All’inizio di ogni filare era posta una lastra in travertino che riportava il nome del vitigno.
Un vitigno tra i più amati dal Re di Napoli
Faceva parte della lista anche il Pallagrello, varietà presumibilmente arrivata sulla nostra penisola grazie ai Greci. Il vitigno ha due varietà, una a bacca rossa l’altra a bacca bianca, e all’epoca erano conosciuti come Piedimonte Rosso, Piedimonte Bianco prendendo il nome dal comune di Piedimonte Matese.
Queste due varietà, che oggi conosciamo con il nome di Pallagrello, erano quelle più amate dal Re Ferdinando che le ritentava le più pregiate, tanto che era consuetudine omaggiare gli ospiti più importanti con questi due vini.
Nel tempo, tra avvenimenti politici come l’Unità d’Italia, e biologici, come l’arrivo della fillossera alla fine dell’800 che decimò le vigne di mezza Europa, il Pallagrello cadde sfortunatamente nel dimenticatoio. Infatti bisogna considerare che l’unione territoriale della nazione operò una naturale selezione dei vini e determinò una rimodulazione del mercato a scapito delle produzioni di nicchia.
Il Pallagrello oggi
Solo negli ultimi anni alcuni viticultori campani come hanno riportato alla luce il Pallagrello, supportati dallo slancio della viticultura moderna e dallo studio dei vitigni autoctoni che ha caratterizzato la fine degli anni ’90. In verità il vitigno non è mai scomparso completamente dai filari del casertano ma era utilizzato dai contadini locali mischiato ad altre varietà e spesso scambiato con il più famoso Coda di Volpe.
Si è reso tuttavia necessario un pieno e consapevole recupero del vitigno per considerare attuata la sua riabilitazione nel panorama produttivo italiano e certamente il fatto che il Pallagrello non fosse riportato sul registro nazionale delle varietà non ha facilitato questo processo.
Nonostante tutto, gli sforzi di alcune delle aziende del casertano, dove il Pallagrello si esprime al meglio, sono stati ripagati. Oggi il vitigno prende il nome dal suo aspetto “pallarello” paffutello del suo acino tondeggiante e rivede la luce.
Quale scegliere?
La varietà a bacca bianca si presenta con un colore giallo paglierino con riflessi dorati. Al naso è agrumato, con sentori di fiori gialli e frutta fresca a polpa bianca. Nei casi in cui viene affinato in legno acquisisce note di frutta secca tostata, sentori dolci come il miele e frutta matura, tutto ben integrato con una elegante acidità.
La varietà a bacca nera ha un colore rubino luminoso, al naso fruttato e floreale, la mora e la violetta si percepiscono decisamente ma anche spezie come pepe e ginepro. Il tannino scalpitante ma ben integrato. Il corpo del vino è medio al palato ma avvolgente, con un ottimo finale.
Il Pallagrello è un vino di grandi doti consigliamo di assaporarlo alla prima occasione, magari immaginando Ferdinando I di Borbone mentre lo guardava crescere in mezzo ai filari della vigna del Ventaglio.