Un brindisi al castello di Dracula
Riprendiamo le fila di un discorso già trattato su aree del vino ancora da scoprire, dove si è parlato di “vini pregiati rumeni” e chicche in degustazioni più a est dell’Europa, e ancora tra i viaggi del vino abbiamo assaporato aromi e profumi di queste terre nel cuore dell’Europa lontane spesso dai mari, e dai climi più continentali, con sistemi antichissimi di vinificazioni e affinamenti in anphorae, come l’Armenia e la Georgia, e proseguiamo addentrandoci in un paesaggio meraviglioso a nord-ovest della Romania, con i tetti delle case che disegnano il profilo delle colline, villaggi addossati a boschi selvaggi, fatti di cavalli, pecore, bovini e cicogne, un paesaggio di natura incontaminata dei villaggi della Transilvania.
Nel cuore della Romania, c’è una tradizione vinicola che si tramanda da molti secoli, fin dai tempi dei Romani, che colonizzarono nel II secolo d.C., e lasciarono un’impronta importante contaminando lingua, usanze e tradizioni. Notizie su questa zona tradizionale della viticoltura risalgono agli scritti dell’antico storico Erodoto in-torno all’anno 600 aC mentre nel 1200 questa zona è conosciuta come Weinland La terra del vino. Parte della cultura qui riguarda la coltivazione della vite (in una regione di rara bellezza al cospetto dei Carpazi) ed il culto del Conte Dracula, dal celebre romanzo di Stoker dove il sanguinoso sovrano esistito davvero viene descritto spietato come un vampiro; Dracula in realtà non è che il sovrano della Valacchia che regnò tra il 1456 ed il 1462 e difese la sua terra dalle invasioni turche, dall’alto del suo Castello di Bram.
Un territorio caratterizzato da ampie distese di verde e alcune delle città medievali meglio conservate d’Europa. Così nel cuore della Transilvania vicino alla città di Cluij Napoca, a fare da padroni dei paesaggi meravigliosi, sono le distese di vigneti battuti da una brezza frizzante. Vitigni autoctoni di ogni genere, molti a bacca bianca, come il caso de la Feteasca Regala che si crede sia il risultato di un incrocio naturale di altre due varietà Feteasca Alba e Grasa di Cotnari che dà alla luce vini bianchi che si prestano a vari tipi di affinamenti passando così dai sentori di frutta citrica a quella più matura e polposa che raggiunge ottimi livelli di acidità e freschezza; abbiamo poi altri vitigni in condivisione con la vicina Moldavia di cui citeremo qualcosa a breve, ed infine vitigni internazionali di ogni genere, dal Muscadel al Riesling, Sauvignon Blanc, Pinot Noir o anche Cabernet.
Negli ultimi anni da queste parti si sono concentrati sulla produzione di Ice wine, iniziando la via dell’export per avere riconoscimenti al di fuori della Romania.
Ma davvero in auge al momento sono i rosati e i rossi da climi più freschi come Pinot Noir e Feteasca Neagra letteralmente “fanciulla nera”, ovvero la bacca nera autoctona espressione territoriale tipica della Transilvania, che si esprime in croccantezza, agilità, freschezza e beva elegante, grazie al clima temperato e alle escursioni termiche che contribuiscono al quadro aromatico del vitigno che ricorda il nostro Piedirosso Campano.
Tra Champagne sovietici, autoctoni Moldavi e vini Azeri, c’è un patrimonio enologico da scoprire
Vicino al Mar Nero, e a 20km dalla capitale Chișinău, si trova la cantina più grande del mondo che ha vinto il Guinness dei primati: un labirinto in Moldavia di lunghissime gallerie dove vengono conservati alcuni dei vini più desiderati e pregiati del mondo: 2 milioni di bottiglie, alcune delle quali piccoli tesori dal valore economico importante, come il Buchet Moldovei da 2000 euro imbottigliato nel 1968 e conservato in gallerie scavate nella roccia. Oltre a gallerie di pregio, una tradizione vinicola ed enologica antica anche qui con vini pregiati, vitigni autoctoni, e distillati d’uva prodotti da vignaioli ed enologi sapienti.
Inoltre, non lontano dai confini con l’Ucraina, nasce a fine ‘800 nel villaggio di Purcari, una delle cantine più antiche e che ad oggi produce vini pregiati e tagli bordolesi che non hanno nulla da invidiare a quelli francesi.
In Moldavia dunque abbiamo grande diversità nel terroir, aree boschive, (siamo alla stessa latitudine del Nord Italia e Francia meridionale), vigneti protetti dai Carpazi, clima continentale, terre scure chiamate cherozem ereditate dalle radici di alberi di foreste immense, ricchi di calcio e sostanze organiche, vitigni autoctoni come Feteasca Neagra o fanciulla nera, già sopracitata simbolo della rinascita qualitativa del vino del Paese e proprio originaria della Moldova, conosciuta anche come Black Maiden, dà vita a rossi leggeri o strutturati, sempre eleganti e con i tannini setosi.
Spostandoci dal Mar Nero al Mar Caspio, c’è una zona dell’Azerbaijan di cui poco si sa, ma che dopo il periodo sovietico e della campagna antialcolica che fece distruggere 250.000 ettari di vigneti, si è ripresa nettamente iniziando a presentare sul mercato prodotti di alta qualità. Anche qui condizioni pedoclimatiche ideali, proprio grazie alla presenza del Mar Caspio si producono infatti vini da uve autoctone ed internazionali di grande spessore. Oltre 450 varietà di vitigni tra gli autoctoni sia bacche bianche che bacche rosse, e vitigni internazionali adattabili a diverse condizioni climatiche; il paese si è fatto spazio nel mondo del vino esportando in vari paesi, anche grazie alla presenza di Italiani da una parte e Tedeschi dall’altra. I tedeschi inoltre, durante le colonizzazioni, iniziarono a produrre vini proprio grazie a climi favorevoli, terreni fertili, e vitigni nuovi per noi europei, mentre gli italiani fecero lo stesso nella valle di Savalan nella regione di Gabata, il luogo di nascita di alcuni dei migliori vini dell’Azerbaigian.
La valle di Savalan è delimitata da due fiumi ad un’altitudine di 400 m sul livello del mare, che forniscono a questa zona un equilibrio ideale tra pioggia, sole e temperature medie annuali. Il luogo è benedetto ed è quasi identico al clima che troviamo nel sud Italia. Dai vini facili e beverini locali e da tavola come White e Black Shani, Bayanshira, e Arna Grna, ai vini più strutturati internazionali come Syrah e Cabernet con passaggi in legno importanti: il mercato del vino in questa zona del mondo si sta insomma aprendo a diverse strade.
Piatti del Caucaso e paesi limitrofi da non perdere
Come ormai sappiamo vettovaglie e piatti in valigia, per assaporare qualche piatto del Caucaso tra Mar Caspio e Mar nero, aprendo cuore, mente e stomaco a scoprire nuovi sapori. Qui da secoli convivono etnie diverse come le popolazioni del Daghestan, dell’Ossezia del Nord, della Cecenia, della Cabardino Balcaria e della Karachaj-Circassia; ognuna mantiene vive le proprie usanze e tradizioni, e tramanda il tutto a una cucina nazionale che si basa prevalentemente su piatti estremamente saporiti.
La carne allo spiedo più popolare la Shashlik, di solito agnello o pollo alla fine del XIX secolo è entrata a far parte anche della cucina russa, e in epoca sovietica è diventata sinonimo di vacanze estive e grigliate all’aria aperta.
Oggi gli spiedini di carne prima di essere grigliati, vengono marinati nei modi più originali possibili, con cipolle bianche spezie come paprika dolce, oppure coriandolo, basilico, prezzemolo o aneto e a volte si usa il Kefir, oppure acqua frizzante, oppure birra o ancora limone, da fare marinare una notte intera nella crema che si crea per amalgamarsi con la carne. Una delizia del palato una volta grigliata, da assaporare con un corposo rosso di zona. L’aperitivo per eccellenza è il Khychin, una focaccia con vari ripieni, la regina della tavola nelle re-pubbliche della Cabardino Balcaria e Karachaj Circassia.
Tuttavia, esistono vari modi per preparare il khychin e gli chef locali si contendono il “titolo” di ricetta più gustosa. I khychin della Balcaria sono focaccine sottili, mentre quelli della Circassia sono fatti di pasta sfoglia a base di kefir o latte. Ripieni perlopiù di patate, erbe e carne. Da non perdere, con un calice di bianco fresco e beverino locale.
Il Khinkal invece è il piatto del Daghestan per eccellenza: assomiglia al khinkal georgiano, ma qui la pasta viene bollita e la carne viene servita a parte. Il Daghestan ospita circa 30 gruppi etnici e tutti cucinano il khinkal a modo proprio: gli Avari usano grandi pezzi di pasta, i Lak piccole strisce, i Cu-mucchi la arrotolano in rombi sottili, mentre i Dargin la attorcigliano a forma di “chiocciole” e poi la cuociono al vapore.
Sta a chi cucina decidere quale sia la variante più gustosa. Le grandi e gustose torte salate dell’Ossezia del Nord sono conosciute in tutta la Russia, e nel Caucaso si possono trovare con varie forme e ripieni diversi; le Fyddzhyny sono torte (grandi o piccole) ripiene di carne di manzo tritata e brodo, mentre Il Walibah è invece una torta con formaggio osseto fatto in casa. Qui si usa cucinare anche torte salate con zucca, patate e fagioli, come facciamo anche noi in Europa tra Quiques Francesi e Torte salate delle varie regioni italiane, e credo valga la pena provarle tutte.
Per concludere il viaggio e il pasto, invece che con un dolce con un formaggio tipico, gli abitanti dell’Adighezia producono formaggio a pasta molle con latte di mucca. Questo tipo di formaggio delicato non si scioglie quando viene cotto o fritto e può essere anche sbriciolato. Fino ai Giochi Olimpici di Mosca del 1980, questo formaggio veniva preparato in forma totalmente artigianale: ma quando i sovietici e gli stranieri ebbero la possibilità di assaggiarlo, durante le Olimpiadi, lo apprezzarono a tal punto che fu avviata una produzione di massa. Nel 2009, il formaggio Adygei ha ricevuto lo status di IGP (indicazione geografica protetta) e oggi solo le aziende dell’Adighezia hanno il diritto di utilizzare questo nome per il loro formaggio. Una prelibatezza per un fine pasto davvero cremosa.
Non si può infine non citare il Kefir la bevanda a base di latte fermentato molto popolare e parte della dieta e cucina del Caucaso, e la loro nutella caucasica chiamata Urbech, che in realtà si tratta di un burro ottenuto dalla frittura di mandorle, anacardi, pistacchi, noci, semi di zucca e molti altri doni della natura. In Daghestan, l’urbech viene mescolato con il miele ed è un dessert popolare usato persino come rimedio. Energetico e davvero proteico.
Anche in questo viaggio, breve, abbiamo toccato tradizioni, scoperto aree del mondo nuove, e ripreso un pezzo di storia sia geopolitica, culinaria che enologica. Ci piace andare a scovare terre nuove del vino e del cibo per farvi venire la voglia di visitarle, degustarle e assaporarle prima con la mente e poi con il corpo.
Alla prossima tappa, Аплодисменты!
Barbara Costantino
Formatore Sommelier