Adulterio, Ebbrezza, Storia e Mitologia: In Vino Veritas
Nell’antica Roma durate il periodo di Romolo, ci fu un episodio clamoroso che vide come protagonista un cavaliere che uccise la moglie poiché trovata in stato di ebbrezza; a giudicare l’imputato fu il Re, che considerò il delitto inappropriato nel modo ma lecito per il fatto accaduto: “il vino era una concessione per le mogli ed un divieto per le donne nubili”, e da qui il detto in vino veritas, poiché in stato di ebbrezza si potevano raccontare fatti inediti avvenuti fra le mura domestiche.
Gli storici dell’antica Roma, da Tacito a Plinio il Vecchio sottolineano nei loro scritti che molte decisioni venivano ripensate in stato di ebbrezza, come cita Tacito che descrive i popoli germanici abituati a riunirsi in consiglio e prendere decisioni in stato di ubriachezza poiché nessuno poteva mentire.
Come in molte parti d’Italia anche qui la coltivazione della vite nel Lazio era già conosciuta ai tempi degli Etruschi che coltivavano principalmente varietà autoctone, poi con l’Impero Romano si diffuse ancora di più.
Marco Aurelio Probo comandava alle sue legioni di portare un vitigno con sé, poiché quando veniva conquistato un territorio si poteva piantare la vite che rappresentava il potere di Roma nel nuovo territorio.
Il Dio Saturno fu cacciato dall’Olimpo dal padre Giove, e si rifugiò proprio nel Lazio, nella zona di Castelli Romani, dove venne introdotta la coltivazione della vite a Giano (Enotrio), infatti la viticoltura in questa zona si perde in epoche lontane fino a confondersi con la mitologia.
(…)”Della vite mi piace non soltanto la sua utilità…ma anche la coltivazione e la natura stessa..”: così racconta Cicerone dalla sua Villa al Tuscolo.
Ed ecco infine la città di Frascati che assume un ruolo importante già nel 1500, dove il Signore e vicario di Papa Giulio II della Rovere Marcantonio Colonna, stabiliva le zone da destinare a vigneto, modalità, epoca della vendemmia e regolamentazione del commercio del vino.
L’attuale Frascati, città e zona, appartiene in epoca pre-romana all’antica città Laziale Tusculum, dal nome della villa citata da Cicerone, e al vino della zona chiamato Vino Tuscolo conosciuto ed apprezzato protagonista anche delle feste “Vinalia”. Numerose testimonianze di valutazione positiva appartengono a questo vino, con un territorio che si contraddistingue per la sua vocazione di viticoltura di qualità grazie alle aree dei Colli Albani, zone vulcaniche del “Vulcano Laziale” oggi inattivo ma che ha costruito il territorio collassando su se stesso e lasciando terreni diversi, formando le colline della zona, ed infine grazie alle esposizioni favorevoli ed altitudini importanti, favorendone lo sviluppo di aromi e frutti croccanti nei vitigni coltivati.
Nel Rinascimento poi, le famiglie più rigogliose di Roma, ricostruirono ville e palazzi nelle vicinanze di Frascati dando vita anche a nuovi vitigni che faranno parte ancora oggi del vino Frascati che divenne già allora di largo consumo.
Nettari nascosti: risveglio dal letargo
Molte sono le varietà presenti nel Lazio, che dal latino Latium-lato che significa ampio-largo-spazioso, proprio perché questa regione così ampia, ha oltre il 50% del suolo collinare, possiede aree vulcaniche e coste basse e sabbiose.
Eterogeneo, esteso, con un clima dal più mediterraneo al più continentale verso l’interno:
l’80% dei vitigni di questa zona coltivati sono a bacca bianca come la Malvasia Puntinata (o del Lazio), puntinata poiché presenta puntini che ne ricoprono la superficie delle uve; la Malvasia di Candia utilizzata per spumanti e passiti (sempre aromatica della famiglia delle malvasie) che ricorda muschio ed albicocca principalmente; il vigoroso Bellone, autoctono descritto come “tutto sugo e mosto” succoso come solo lui sa essere; Trebbiano che anche in questa zona non può mancare, essendo il vitigno più diffuso nel Bel Paese; il Grechetto, che troviamo in Umbria ma anche da queste parti, forse originario della Magna Grecia, molto resistente ad escursioni ed inverni rigidi; l’Ansonica importante nelle isole come l’Elba e diffuso anche in questa zona.
Tra le bacche rosse ritroviamo il Cesanese, rubino acceso, frutti rossi e potenzialità di invecchiamento se vinificato in legno, oppure il Nero Buono, antico vitigno, violaceo intenso, morbido e cremoso. Insomma, un bel panorama di nomi talvolta nascosti e sconosciuti ma non per questo meno validi. Se guardiamo la mappa dei vitigni della zona, si riconoscono varie zone di produzione: l’area intorno a Roma con Frascati Superiore e Cannellino di Frascati; intorno a Viterbo abbiamo nomi come Aleatico e Montefiascone con Est!Est!!Est!!!; Frosinone e la Passerina se bianco, mentre il Cesanese se rosso; infine la zona di Latina che si concentra sui vitigni internazionali, che pero non essendo cosi nascosti, in questo capitolo li citiamo solamente.
Sottovalutato per molto tempo, il Frascati, considerato il vino da osteria senza troppe pretese, ha intrapreso, grazie ad un lavoro con le cantine ed il consorzio, un percorso di valorizzazione orientandosi verso la qualità piuttosto che la quantità, anche grazie all’utilizzo di invecchiamenti interessanti in botti di castagno e ciliegio.
La Malvasia di Candia è elegante e profumata, grazie alla composizione dei vitigni nell’assemblaggio: rilascia la giusta aromaticità e profumi varietali, gelsomino tiglio e acacia.
Sempre in complesso vulcanico si trova la zona dedicata all’ Est!Est!!Est!!!, Montefiascone, baciata dal sole e protetta dai crinali del vulcano Volsini: un vino che rappresenta cultura e tradizione:
Si racconta che il Vescovo Monsignor Johannes Defuk, al seguito dell’imperatore Enrico V, avesse incaricato il suo coppiere di selezionare per lui i migliori vini scrivendo “Est!” vicino alle porte delle osterie; fermatosi a Montefiascone segnalò la presenza di un vino così buono tanto da meritare un “Est! Est! Est!”. Parliamo di un vino dai sentori di frutta a polpa gialla, agrumi, fiori, profumato e di buon corpo.
Tra i rossi il Cesanese, altra DOCG famosa da queste parti, dotato di potenziale evolutivo, struttura pienezza e corpo, date soprattutto dai terreni rossi e argillosi che beneficiano di un clima asciutto e ventilato.
Di necessità virtu’: contaminazioni culinarie e ingredienti popolari
Rigogliose colline, vini e olio di qualità, prodotti della terra eccellenti e tradizioni popolari con mix culturali: soprattutto quest’ultimo punto è quanto di più importante per conoscere questa zona e le sue peculiarità culinarie.
Ingredienti popolari e agricoli regionali come i Carciofi romani alla Giudia, piatto della cucina ebraico romanesca, conferma delle contaminazioni che questa cucina ha assorbito. Solitamente si usano i carciofi IGT di zona, le Mammole, grandi e spessi, cucinati con doppia frittura, croccanti e dorati come chips, perfetti in abbinamenti locali come Passerina o Frascati Superiore con buone acidità, profumi e corpo.
Il Pecorino Romano Dop, prodotto diffuso e senza dubbio una eccellenza, formaggio a pasta dura, cotta, fatto con latte fresco di pecora, intero, proveniente esclusivamente dagli allevamenti della zona di produzione.
Per i primi immancabili due grandi classici: Amatriciana e Carbonara rigorosamente conditi entrambi con guanciale ma mentre nel primo caso abbiamo pomodori nell’altro la fa da padrona l’ uovo crudo. Ovviamente la scelta degli ingredienti e l’ordine di preparazione fa di questi piatti “semplici” i più pieni e cremosi per riempire le tavolate con gli amici. Ad esempio a proposito di cremosità, nella carbonara l’uovo è aggiunto alla fine, a fuoco spento, per evitare un “effetto frittata”.
Saltimbocca alla Romana con carne di vitello rivestite con prosciutto crudo e la salvia (alcuni al posto del prosciutto invece mettono lo speck), semplicemente saltati in padella previa infarinatura, ed infine spruzzata con il vino bianco.
La Trippa alla Romana rientra nella grande famiglia delle frattaglie, conosciute anche come quinto quarto. La sua origine è antica perché veniva preparata già ai tempi dei Greci e dei Romani (seppur in maniera molto differente), e che oggi sta attraversando un momento di grande rivalutazione: non più semplice piatto povero, ma vera e propria prelibatezza gastronomica molto apprezzata.
Tutti questi piatti hanno in sé tradizione ed intensità nei sapori, infatti come la sua terra offre aromi, sapori intensi e strutturati, facilmente abbinabili ai vini della zona: le Malvasie attraverso le loro dolcezze ed aromi ammorbidiscono drasticamente l’intesità del peperoncino oppure l’acidità del pomodoro. Per Carbonara, Cacio e Pepe, o Amatriciana è preferibile abbinare un Frascati Doc oppure l’Est!Est!!Est!!!.
La corposità del Cesenatico può dare la giusta spinta ad un piatto come i Rigatoni alla Pajata, simbolo della cucina tradizionale laziale che si presta a molte preparazioni. La ricetta più conosciuta è quella dei rigatoni con la pajata di vitello o manzo, dove questa viene tagliata a pezzettini e unita al sugo di pomodoro per condire la pasta.
Tra i dolci degni di menzione, nella zona di Frascati abbiamo la Pupazza Frascatana. Dalla tipica forma di donna con tre seni, il suo impasto è realizzato con farina, miele e aromi vari; i Frittelli di Riso, tipici della provincia di Rieti e in genere preparati per la festa di San Giuseppe, sono frittelle di riso di forma sferica e colore dorato, ricoperte di zucchero; o ancora, i Sciuscella, sono dei dolci tipici di Gaeta e Formia, dalla forma di carruba, sono impastati con miele, farina, zucchero e cacao e aromatizzati con cannella e chiodi di garofano. E infine il Maritozzo, un dolce centrale nella cultura romana: una piccola pagnotta impastata con farina, uova, miele, burro e sale e farcita con panna.
Dolci cremosi perfetti per essere sgrassati e accentuati dal Moscato di Terracina, che ricorda le confetture acacia candita miele e vaniglia, oppure dall’Aleatico di Gradoli, fiori rossi e ciliegie intenso e rubino.
Territorio sfaccettato, ampio e composito, esteso e ricco: la sua posizione centrale ha favorito contaminazioni dalle regioni circostanti ed ingentilito gli aspetti ruvidi e rigidi di piatti preparati in altre regioni.
Stagionalità, sapori intensi e genuini, cucina nostrana, creativa con poco e con quello che la terra regala ogni giorno, questa cucina come la messa in auge dei vitigni autoctoni della zona, non è che lo specchio del suo passato e del suo retaggio culturale da preservare e tramandare.