Repùblica de Cile
Una storia turbolenta quella del Cile, un meraviglioso paese a sud ovest estremo del continente americano, il paese con la qualità di vita e la crescita economica più elevata dell’America Latina, ricco di tesori, territori estesi, impregnata di storia, cultura etnologica e gastronomica. Stretta e sottile la superficie di questo paese, da Capo horn alla Patagonia, fino al nord estremo di valli infinite come Agoncagua, strade Inca, lo Stretto di Magellano, deserti e aree ricche di vulcani, ed infine una cultura enologica all’avanguardia, e di grande successo, già ampiamente raccontata nei nostri Itinerari di Viaggi del vino; riprendiamo penna, calamaio e un buon calice di vino per raccontarvi quello che manca da sapere di questa terra che accoglie viaggiatori curiosi, affamati ed assetati da tutto il mondo.
Un paese multietnico con un’influenza occidentale, imposta in parte dalle colonizzazioni spagnole, e dopo per via dell’immigrazione europea tra l’800 ed il ‘900, ma prima di tutto qui ci furono le antiche civiltà come l’impero Inca, e gruppi nomadi come i Mapuche (gruppo indigeno cileno in maggior numero), nonché ancora le antiche civiltà dell’Isola di Pasqua probabilmente originarie della Polinesia. Tutto ciò ha influito sia nella storia del paese, e nelle arti visive rupestri, che ci sono giunte nei secoli, ma ovviamente anche nella cultura del cibo dagli antichi metodi Inca ai giorni nostri, per lasciarci ingredienti e metodi di cotture antichi, mescolati alla cultura coloniale spagnola, o ancora a quella polinesiana o del vicino Perù, per essere stupiti dal numero di piatti base di carne o di pesce a seconda di dove ci troviamo tra nord, centro, sud, costa, montagne o valli.
Oggi ufficialmente questo paese è riconosciuto come Repubblica, dopo una storia turbolenta di lotte tra antiche popolazioni, colonizzazioni, totalitarismi ed infine la democrazia ed il modello economico neoliberista, cercando di mantenere stabilità economica, lotta contro la corruzione, e libero commercio, puntando e trasformando molti settori dal turismo, all’agricoltura, al settore vinicolo in continua evoluzione, classificandosi anche come quarto maggiore esportatore di vino a livello globale e non solo, sviluppando tecniche innovative di agricoltura rigenerativa con crescente popolarità del biologico e biodinamico, infine lavorando sulla gastronomia locale ed enoturismo, tutti elementi che giocano ruoli importanti nella trasmissione di un’identità chiara e precisa del paese e di quello che offre.
Splendore terrestre di vita: il vino
Un settore in constante evoluzione quello del vino in Cile, con grande attenzione al ramo biologico e biodinamico per la produzione di vini di qualità, che investe in attrezzature avanzate, e crea le condizioni naturali per avere più biodiversità e meno utilizzo di chimica in vigna, rispettando il territorio e l’espressione di esso attraverso i calici di vino che beviamo. Un mercato in crescita dal punto di vista di vini premium, e di alta qualità, le nuove tendenze oggi cercano vini più immediati e freschi, un po’ meno opulenti e con sentori “tostati” meno evidenti, inoltre si dà la priorità assoluta a sostenibilità e innovazione nelle produzioni.
Splendore terrestre di vita, scriveva lo scrittore cileno Pablo Neruda nell’Ode al vino, già citata nell’articolo sui viaggi del vino che raccontano il Cile e le sue zone del vino da nord a sud. L’ amore del poeta verso la natura, coglie la carica vitale di ogni elemento di essa; il vino, figlio della terra, ne esprime magia e ne suscita fascino naturale; attraverso il vino si ricorda all’uomo il legame che ha con la terra, e lo spinge a rispettarla. Vi sono particolarità climatiche che rendono questa terra fertile alla coltivazione della vite, ma già questo è stato ampiamente raccontato, un clima secco grazie alle Ande, che fa si che la peronospora venga quasi respinta, cosi come altre malattie del legno come l’oidio, vigne a piede franco perché nemmeno la fillossera esiste da queste parti; suoli di varia natura, ed altitudini straordinarie, e non solo coltivazione della vite, ma frutta e ulivi.
Da un punto di vista naturale e geografico questo paese sembra stato creato per la coltivazione della vite. Si coltivano varietà internazionali a bacca rossa, e l’uva bandiera è il Carmenere, che in Francia non trovò terreno cosi fertile da esprimersi, se non più chiuso e poco “accogliente”; mentre qui grazie al clima, le maturazioni raggiungono risultati importati con la vite, sono maturazioni piene grazie alle lunghe ore di luce che inoltre rendono le uve perfette ed equilibrate dal punto di vista sia del grado zuccherino che dello sviluppo dei fenoli (profumi, tannini, e sentori tipici del vitigno).
Cabernet Sauvignon e Merlot tra gli altri rossi delle varie valli più rinomate tra Maipo, Rapel e Curico, a ciascuna valle un microclima e varietà diverse; mentre più a sud nelle zone fredde verso la Patagonia troviamo Pinot noir ancora da scoprire in alcuni casi ma di tutto rispetto, con frutti molti ampi, profumi intensi, e acidità croccanti. Ma anche varietà di bacche bianche come Sauvignon blanc rinomato della zona di Leyda valley, e Chardonnay. Spesso i rossi come Cabernet e Carmenere hanno sentori erbacei spinti, come la nota di peperone verde che caratterizza moltissimo lo stile del vino del paese. Infine Il vitigno Pais è la bacca rossa originaria della Spagna, affermato soprattutto in Sud America, molto resistente a siccità e calore, ha tannini spinti e colore scarico, rimane leggero e fresco, regala vini non troppo impegnativi ma sicuramente rustici, è la base per la distillazione e produzione di Pisco, il distillato di uva prodotto sia in Perù che in Cile.
Se si vuole provare pero questo distillato in versione cocktail, per gli amanti delle bevande più alcoliche e saporite si deve assaggiare la vera anima del paese, e per farlo ci si dirige a nord nella regione del Pisco, Pisco Elqui, un sonnolento villaggio di montagna molto frequentato dai backpacker, si dice. Il nome, richiama infatti la produzione di Pisco, che è la principale attrattiva del paesino, nonché la visita alla Distilleria Pisco Mistral (con degustazione naturalmente) ed una passeggiata post visita che aiuta a smaltire gli assaggi fatti alla famosa distilleria.
In Cile il piatto più antico del mondo
Girovagando per la capitale, Santiago del Cile, ci si accorge senza grande stupore delle peculiarità della cucina di qui, che non nasconde profumi che arrivano dai locali disseminati per le strade della città. Molti ovviamente sono gli ingredienti che hanno subito varie influenze, e la vera tipicità cilena è figlia delle campagne, nelle case delle persone: A Curicò, a sud di Santiago, l’aria delle Ande è pungente, le a terra è inondata da vigneti a perdita d’occhio.
Qui si prepara un classico della cucina locale: la cazuela, intingolo servito in un piatto fondo, in genere d’argilla, che contiene carne e ortaggi cotti nel loro stesso sugo con spezie e riso, un piatto ricco che vuole un calice di Carmenere o un calice di Pais per rimanere nel tema di cucina e vini tipicamente locali.
Altro classico della cucina familiare è il charquican: uno spezzatino di zucca, spezie, patate e carni; nei menù di un tempo questo piatto seguiva spesso il puchero chileno, spezzatino cui veniva aggiunto il tapecho (taglio della pancia di vacca). A Santiago inoltre non si possono non assaggiare inoltre il Porotos Granados: un piatto vegetariano a base di fagioli freschi, mais e zucca, condito con spezie come il cumino; oppure la Humitas, pasta di mais avvolta in una foglia di mais fresca e cotta lentamente al vapore oppure bollita.
Il piatto più antico del mondo che si dice risalga a 6000 anni fa, e che in origine si cucinava solo 2 volte all’anno, si chiama Cuaranto, a base di conchiglie particolari che si possono trovare e raccogliere in determinati periodi dell’anno, ovvero quando il mare si ritira e permette la raccolta di molluschi. Questo piatto antico e tipico vede insieme oltre che le conchiglie, le mele, le patate, e l’uso di due alghe tipiche di qui chiamate Luche e Cochayuyo, capaci di arricchire il sapore del piatto. volta raccolti i molluschi, questi vengono infilati a collana di perle e poi affumicati sopra un braciere. La ricetta originale ha visto diverse rivisitazioni e modifiche nel tempo, con l’utilizzo di diversi ingredienti, quali pesce, ritagli di carne, chorizo, patate e verdure. Il tutto, poi, veniva cotto all’interno di una buca nel terreno, riempita di pietre bollenti che creavano un braciere, un modo molto antico di cucinare e simile a quello descritto nella tradizione Maori in Nuova Zelanda.
La buca era poi coperta di foglie di nalca e alghe. Questo antico procedimento è stato oggi sostituito da comode pentole a pressione, il piatto viene spesso servito con una più moderna piadina preparata con le patate, chiamata milcaos.
Qui l’elemento che caratterizza il piatto sono le conchiglie dell’oceano ed il modo di cucinare il tutto, che lo rende saporito ma soprattutto con note affumicate che solo il braciere originario sa produrre, perfette in abbinamento con il sauvignon blanc, oppure per gli amanti del rosso, scegliete un pinot nero della Patagonia, più elegante e meno invasivo sulla parte di frutti provenienti dal mare, ma capace si di sostenere le affumicature del metodo arcaico di cucina. Il piatto invece di origini più umile invece sono le Lentejas con queso, lenticchie con formaggio e spezie), oppure con porotos con charqui porri seccati ed uniti a carne salata, ovviamente facili da abbinare a un calice di carmenere soprattutto se si tratta di quelle con il formaggio, oppure per gli ammanti dei bianchi il sauvignon. Blanc cileno abbinato a formaggio e lenticchie di nuovo ha un suo perché, grazie alla sua freschezza e profumi che si abbinano perfettamente.
Ricordando di nuovo il poeta cileno Neruda, che parla e narra di storie di vita del paese natìo, ma anche ode a cibi e vini nelle sue poesie, qui lo cito per parlare di due pesci tra i più diffusi in Cile, la reineta e il congrio, in italiano conosciuto come grongo. Questo pesce, oltre a essere l’ingrediente di uno dei piatti principali cileni chiamato caldillo de congrio, è anche il protagonista di una poesie di Neruda. Per taluno il piatto è il Caldo o Caldillo de congrio, uni stufato di anguilla di grongo, decantato dal poeta, ma anche molto famoso nella cucina cilena, un secondo di pesce dal sapore spiccato e a tratti complesso. D’altronde, è la stessa lista degli ingredienti a rivelare una profondità organolettica rara per una pietanza di questo tipo. Il protagonista, è come dicevo il grongo, un pesce molto sottovalutato ma in grado di regalare parecchie soddisfazioni e molto apprezzatone paese. Si presenta come una sorta di anguilla, dalla quale differisce però per la struttura massiccia. Anche il colore è diverso, tendente al grigio o al bianco perlaceo. La carne vera e propria, infatti, viene cotta in un brodo realizzato con la testa e con le lische, che va opportunamente filtrato. Il pesce, infine, viene cotto con una serie di aromi, alcuni dei quali in grado di incidere pesantemente – e in maniera ottimale – sul risultato finale.
Intenso nei sapori sia del pesce che degli aromi utilizzati, e per tener testa ad un gusto del genere non si possono che abbinare bianchi dalla struttura massiccia, che magari fanno passaggi i legno, e quindi tostati, come gli chardonnay, corposi e strutturati ma anche versatili abbastanza da sostenere un piatto cosi pieno di sapori e tradizione. Al mercato centrale di Santiago si trovano pesce e frutti di mare, spesso provenienti dalla zona dei Grandi Laghi, i molluschi hanno dimensioni che per noi europei non sono normali, perché provenendo dall’oceano, le dimensioni sono ovviamente diverse da quelle a cui siamo abituati noi nel mediterraneo; questo è certamente un ottimo luogo inoltre per fare la conoscenza di piatti di pesce tipici cileni. Oltre alle bancarelle, si trovano diversi chioschi, dove poter gustare un caldillo de congrio o un merluzzo fritto.
Altro tipico pesce della regione dei Laghi è il Salmone, spesso cucinato alla griglia: la Regione dei Laghi è uno dei maggiori produttori di salmone del Paese, e il pesce fresco è servito in molti ristoranti, spesso grigliato o affumicato. Per tornare invece ai mercati della capitale difficile non dover citare La Vega Central, cuore pulsante della città, le cui origini sono antichissime, già durante l’epoca coloniale i contadini vendevano qui i prodotti della propria terra, qui si trovano frutta e verdura venduta da contadini locali, anche se non mancano carne e formaggi, qui lo stupore (come per i molluschi giganti) è su cipolle e peperoni verdi e rossi molto grandi, ma soprattutto le pannocchie, da tagliare arrostire e gustare con le grigliate di carne.
Oltre a questo, i veri prodotti particolari della tradizione che si trovano nei mercati, sono cochayuyo, un’alga che cresce nel sud del paese, nello specifico nella regione dei Laghi, che una volta raccolto, viene fatto essiccare e poi venduto a mazzi. In cucina viene utilizzato soprattutto come condimento, avendo un sapore un po’ salato. L’altro prodotto tipico è il merkén, un ingrediente chiave nella cucina mapuche. Si tratta di peperoncino tipico della zona, chiamato cacho de cabra, che viene affumicato e poi mescolato a una punta di sale e al coriandolo. La cucina mapuche si basa principalmente sulla raccolta di cereali e legumi disponibili a seconda della stagione, onorando il forte legame con la natura che questo popolo autoctono porta al centro delle proprie credenze e della propria vita quotidiana.
Ve ne cito alcuni perché merita saperne l’esistenza soprattutto con l’uso di questo ultimo ingrediente tipico: Piatto di pinoli saltati con Merkén, che come indica il nome, questa preparazione è a base dei frutti dell’Araucaria, parte della flora autoctona della regione dell’Araucanía. Infatti i pinoli vengono cotti e poi saltati accompagnati da aglio, origano e sale. Il tocco finale di questo piatto è proprio l’uso del merkén, che regala sapori speziati, piccanti e affumicati per il modo in cui viene appunto preparato per mischiarlo ai piatti. L’altro piatto della cucina Mapuche è la Tortillas di brace, e anche se la tortilla rescoldo sia presente in più di una tradizione culinaria del Sud America, è anche una parte importante della gastronomia mapuche. La base della tortilla si prepara come tutte le altre, però durante la cottura viene generalmente posta in un buco ricoperto di cenere, che le conferisce il suo sapore unico.
Infine i Digüeñes empanadas, delle sorte di funghi che durante la primavera cominciano ad emergere tra le querce della zona. Questi funghi un pò gommosi, vengono utilizzati per insalate e stufati, ma anche come ripieno per le empanadas; mescolati con cipolla, prezzemolo, pepe e uovo sodo per creare il ripieno e poi avvolti nell’impasto delle empanada per infine cuocerli. Una vera delizia locale che perché no, da abbinare al calice del Carmenere locare che tiene testa ai sapori intensi e forti della cucina cilena, con il suo corpo, frutto rosso e nero ampio e una speziatura naturale giusta ed equilibrata da abbinare ai piatti della cucina locale.
Mentre a sud nella zona fredda della Patagonia dove le temperature rigide influenzano la dieta, i piatti sono sostanziosi e calorici, adatti al clima estremo. Troviamo il, Cordero al palo: uno dei piatti più tipici della regione. È un agnello cotto lentamente su una brace all’aperto, accompagnato da insalate o patate, questo si che vuole il rosso locale, delicato Pinot nero coltivato in zone fredde; aoppure il Chupe de centolla: una casseruola cremosa di granchio reale, uno dei prodotti più pregiati della cucina patagonica. Ultime tappe culinarie da citare sono sicuramente i piatti dell’Isola di Pasqua come il Ceviche di tonno, il ceviche è un modo ti tagliare il pesce e di marinarlo che proviene dalla cucina del Perù, qui viene preparato con tonno fresco dell’Oceano Pacifico, marinato con lime, cipolla e peperoncino, una delizia del palato, e un inizio pasto straordinario.
Ci sarebbe a scrivere per giorni di piatti della tradizione, ma per la parte salata termino con zuppe tipiche: chiamata ajiaco, tipico domenicale per combattere il doposbronza, dove Il brodo viene fatto con gli “avanzi” di carne bollita o arrosto del giorno prima, cotti insieme a patate, cipolle, coriandolo e aji, il peperoncino cileno; o ancora poroto granados, una zuppa densa a base di fagioli borlotti, chicchi e farina di mais e zucca. Questo piatto, nonostante le apparenze, è in realtà una ricetta estiva. Si può mangiare anche a 30 gradi di temperatura climatica. Quest’ultimo va abbinato a un bianco locale come i sauvignon della valle di Leyda, che con le sue acidità aiutano a rinfrescare e ripulire della parte densa e cremosa della zuppa.
Per finire il pasto, ci buttiamo innanzitutto su un frutto definito da Mark Twain come “mas delicioso” ovvero La cherimoya, originario delle Ande si può trovare fresco in tutto il centro del paese, principalmente nelle regioni di Coquimbo e Valparaíso, ideale per pulire la bocca dalle prelibatezze di questa cucina, tra zuppe, crudi di pesce e spezie particolati. Infine tra i dolci da assaggiare le Sopaipillas pasadas, le frittelle di zucca servite con uno sciroppo di zucchero e cannella. Sono un dolce autunnale molto apprezzato anche durante le festività; oppure gli Alfajores, dolcetti, popolari in tutto il Sud America, realizzati con due biscotti ripieni di dulce de leche, ricoperti di zucchero a velo o cioccolato.
Un viaggio culinario lntensissimo, lungo e stretto quello del Cile, che ha dell’incredibile e che ha mantenuto le antiche tradizioni del cibo e dei prodotti locali tipici anche dopo secoli di colonizzazioni, dittature e culture diverse che si sono insediate nelle varie regioni; portando nuovi spunti nella cucina ma senza imporre troppo il nuovo al vecchio, credo valga davvero la pena viaggiarlo da cima a fondo e assaggiare da nord a sud tutto quello che di tradizionale e autentico è rimasto in questo meraviglioso paese, rinomato per il vino e ancora un pò da scoprire per suoi cibi straordinari.
Al prossimo viaggio, di cibi e vini di mondi lontani.
Cheers!
Barbara Costantino
Formatore Sommelier