Definito Re dei Vini, Vino dei Re, il Barolo rappresenta il cuore rosso e intenso delle Langhe, una zona vitivinicola del Piemonte celebre da secoli per le specialità enologiche e gastronomiche.
Gli amanti della degustazione vino, di certo si fregiano di riuscire a decifrare un Barolo d’annata oppure una particolare etichetta di questo vino piemontese. E non a torto, dato che le migliori bottiglie di Barolo sono da veri intenditori…
Dove e come nasce il Barolo DOCG
L’unico vitigno utilizzabile al 100% per produrre il Barolo, è quello del Nebbiolo, ramo pregiato che che ha segnato la storia delle Langhe da oltre 4 secoli e che, ormai, rappresenta un vanto per viticoltori e intenditori di vino.
Si tratta di un vitigno che matura tardivamente, di solito alla metà di ottobre quando compaiono le prime nebbie (da qui forse il suo nome), le cui bucce si ricoprono di pruina, una sostanza naturale che crea una patina sul colore blu-viola dei grappoli (altro “annebbiamento”). Le varietà del Nebbiolo sono tre: Lampia, Michet e Rosé – gli ultimi due poco utilizzati nella produzione del Barolo.
Queste uve rendono massimo 80 quintali per ettaro, e secondo il disciplinare al primo travaso la resa in vino non deve eccedere il 70%, mentre al termine dell’invecchiamento di 38 mesi, non deve essere superiore al 65%.
Ogni anni circa 800 produttori di Barolo DOCG seguono le regole di questa vinificazione, dislocati in un territorio ben definito di circa 1800 ettari, comprendente i comuni che fanno parte della zona delle Langhe, in provincia di Cuneo – 11 località che rappresentano la “strada del Barolo”, in una mappa che li unisce, un filo rosso di vino pregiato che si dipana per circa 11 milioni di bottiglie all’anno!
I comuni piemontesi interessati sono a sud-ovest di Alba: Barolo, Castiglione Falletto, Cherasco, Diano d’Alba, Grinzane Cavour, La Morra, Monforte d’Alba, Novello, Roddi, Serralunga d’Alba, Verduno.
Il più esteso dei territori di produzione del Barolo è quello di La Morra, con i suoi 450 ettari circa di vigneti, che dà vita ad oltre il 25% dell’intera produzione.
Dal 1980 a loro spetta la produzione del Barolo DOCG (Denominazione Origine Controllata e Garantita), e sono in grado, ad ogni vendemmia, di regalare al mondo vini singolari e unici per zona, sottozona e vigneto.
La storia del vino Barolo, dai Savoia
Dal XVII secolo in poi il Nebbiolo si apprezza e si consuma tramite l’uva e il vino pregiato dei nobili Falletti di Barolo, ben noti alla Casa Savoia che in questi territori aveva il suo feudo prediletto e che decise di acquistare un suo vigneto a Verduno.
Questa produzione fu poi portata ai fasti moderni dal celebre Camillo Benso di Cavour. Oltre a “fare l’Italia”, fece anche la storia del Nebbiolo e del Barolo, grazie alla sua chiamata dell’esperto enologo Alexandre Pierre Odart.
Il suo studio sui processi di vendemmia e produzione del Barolo, resero queste uve in grado di realizzare il cosiddetto Re dei Vini, in grado di conquistare i palati più esigenti e gli esperti di degustazione vino più sopraffini al mondo.
Una volta riconosciuto come vino per l’invecchiamento, il Barolo inanellò una serie di premi, tra cui ben 7 medaglie d’oro al concorso dell’Esposizione Universale di Vienna nel 1873.
Dopo i primi riconoscimenti, la strada del Barolo fu una delle più battute da chi desiderava godere di un vino di grande gusto e prestigio. Dal 1909 fu delimitato il territorio di origine del Barolo dal Comitato Agrario di Alba e dal 1933 fu riconosciuto come “vino tipico di pregio”, evento che aprì le porte alla fondazione del Consorzio dei vini tipici di Barolo e Barbaresco nel 1934. Il riconoscimento della DOC avvenne nel 1966 e nel 1980, come suddetto, quello DOCG.
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Le caratteristiche del Barolo
Per molti si tratta di un’esperienza di gusto unica, quella che questo vino garantisce grazie alle sue peculiarità. Il territorio delle Langhe che gli dà origine è quello di una zona protetta dalle catene montuose delle Alpi, in modo da creare un clima perfetto per la produzione dei vini, così come un terreno calcareo-argilloso in alcuni tratti sabbioso e marnoso. L’uva Nebbiolo, prende così strutture e profumi variegati, che si diversificano in base ai cru.
Ci sono Barolo provenienti da Monforte d’Alba (Bussia), o da Castiglione Falleto (Villero) che sono unici proprio solo grazie alle caratteristiche geologiche e al favore microclimatico. Vini robusti, tannici, dalla trama intensa ma che presentano anche profumi persistenti di rosa, frutti rossi e una certa morbidezza al palato. La freschezza della frutta dei vini giovani, si unisce in molti Barolo nel gusto agli aromi di menta e sottobosco, con un retrogusto caldo, da alcuni definito “imperioso”.
Nei Barolo maturi, le note profumate si fanno energiche e si rivelano sentori di cuoio, spezie, cannella, pepe, liquirizia, vaniglia e catrame (goudron). Già Cesare Pavese, in un suo libro del 1947, faceva dire ad un suo personaggio “tre nasi sono quel che ci vuole per bere il Barolo”…
Il colore rosso rubino è vivo, e tende all’arancio nel tempo di invecchiamento, e il gusto corposo, asciutto e pieno, garantisce una persistenza rilevante di questo vino.
Al palato risulta bilanciato tra acidi e tannini, in armonia con le presenze morbide dei polialcoli, forte ma con una gradazione alcolica non molto alta, di 13 gradi alcolici e un’acidità totale minima del 5 per mille.
Tale struttura di sapori e aromi, si differenzia anche in base alle località di origine, nonostante la vicinanza.
Nel disciplinare del Barolo alcuni accorgimenti esaltano tali doni di natura, con un invecchiamento di almeno 38 mesi prima della vendita. Si parte dal 1 novembre dell’anno di produzione dell’uva, e si fanno i primi 18 mesi nelle botti di legno di rovere, che conferiscono profumi boisé del passaggio nel legno, ricchi di note di tabacco e vaniglia.
Il Barolo Riserva, è riservato appunto alle etichette che hanno subito 5 anni di affinamento.
La miscelazione di vini provenienti da diverse annate è consentita al massimo per il 15%, e sull’etichetta deve figurare il millesimo del vino aggiunto.
Prima di essere messo in vendita, il Barolo deve superare una prova di degustazione vino condotta dalla commissione di esperti del Ministero dell’Agricoltura, dopo di che verrà designato come vino DOCG.
In commercio è possibile trovare anche un vino Barolo aromatizzato, detto Barolo Chinato – in questa produzione si aggiungono alcool, erbe aromatiche e zucchero. Le erbe più utilizzate sono rabarbaro, radice di genziana e la china calissaia, di cui si estraggono gli aromi tramite macerazione.
Gli abbinamenti tra Barolo e cibo
Si tratta di un vino di grande struttura e pregio, che nella sua complessità ben si adatta ai piatti di carne rossa saporita, in particolare gli arrosti e la selvaggina, cacciagione di pelo e piuma, capretti e agnelli – celebre l’accostamento con la lepre in salmì.
Ottimo con i brasati, si adatta perfettamente anche ai formaggi di lunga stagionatura, tra cui i principi del territorio come il Bra duro e il Castelmagno piemontese, oltre che con i classici Parmigiano Reggiano e Grana Padano.
Ovviamente, i cibi aromatizzati al tartufo, data la regione ricca di tale alimento, vengono esaltati dal Barolo. Va servito ad una temperatura di circa 18-20 °C e nei bicchieri da vino “Piemonte”, capienti e con stelo lungo.
Esistono anche delle ricette famose a base di Barolo come brasati, arrosti, stracotti, risotti e… anguilla al Barolo.
A livello di dolci, ottime le combinazioni con il cioccolato fondente amaro, la pasticceria secca, i marrons glacés, le bugie e i dolci tipici come le paste di meliga, biscotti tipici del Piemonte.
Per gli accostamenti alimentari del Barolo, è possibile anche degustare la grappa di Barolo, che si ottiene dalle vinacce del Nebbiolo e che, dopo anni di invecchiamento nelle botti di rovere, presenta un sapore morbido, anche se intenso e dalla sostenuta gradazione alcolica, circa 45 gradi.