Se esiste, nel mondo della sommellerie, un attrezzo usato nei più disparati dei modi, questo è il cavatappi. Strumento essenziale del sommelier, il cavatappi può a prima vista apparire come un oggetto “ignorante” – alla fine deve solo tirar fuori un tappo dalla bottiglia, no?! – ma quello (o meglio, dovremmo dire “quelli”) usato oggi si porta dietro almeno 300 anni di evoluzione!
Nato essenzialmente a metà del 1600 circa, quando gli inglesi iniziarono ad usare il vetro più scuro per conservare il vino (dovuto al passaggio dal legno al carbone per i forni) e contemporanea diffusione del sughero come chiusura, inizialmente si componeva giusto di una spirale metallica che, dopo essere stata avvitata all’interno del tappo, permetteva l’estrazione di quest’ultimo con una decisa e alquanto sgraziata applicazione di forza direttamente proporzionale al contenuto alcolico nel sangue dello stappatore.
Oggigiorno versioni più moderne di questo tipo di cavatappi sono utilizzate dagli amanti delle tradizioni nonché dagli amanti del rischio. Disclaimer: se non l’avete mai usato prima, continuate a non farlo per evitare di rischiare, in ordine di difficoltà: passaggio della spirale dall’altra parte del tappo, rottura del tappo stesso, involontaria applicazione della forza nel braccio sbagliato con relativo impatto della bottiglia su una superficie non abilitata all’impatto, denominata pavimento.
Oggi, quando si parla di cavatappi professionale, si intende tipicamente quello con lama (per la capsula), spirale (tecnicamente: verme) e leva estraibili. In mano ad un sommelier professionista non ne vedrete di diversi. O almeno non dovreste. In tal caso sentitevi liberi di abbandonare il tavolo correndo all’impazzata verso la prima birreria disponibile! Date queste caratteristiche fisiche pressoché invariate, i cavatappi moderni hanno assunto forme e dettagli molto variabili ma discendono tutti da un brevetto registrato negli anni ’60 del secolo scorso. Poi, soprattutto con l’arrivo del design su larga scala nonché della tecnologia anche un semplice strumento popolare si è evoluto arrivando a forme e finezze inaspettate, incluse le versioni elettriche…
Ora, se il cavatappi professionale a leva snodata è considerato dagli operatori lo strumento migliore, bisogna ammettere che non è propriamente di facile utilizzo. Inoltre, utilizzarlo in maniera rapida, sicura, efficace ed, allo stesso tempo, elegante richiede un bel po’ di pratica. Come chiunque abbia frequentato un corso da sommelier ben sa, l’apertura di una bottiglia è sempre vista come uno sport estremo, alla stregua di un’ascesa sul El Capitan di Yosemite a mani nude e senza corde di sicurezza… Credetemi quando vi dico che è più semplice, ovviamente. Non tanto, ma comunque più semplice!
Il cerimoniale completo prevede che la bottiglia venga tenuta in verticale e ferma, con l’etichetta rigorosamente rivolta verso il cliente per tutta la durata dell’operazione, la capsula tagliata appena sotto il cercine (o anello), il verme infilzato leggermente al centro del tappo per poi essere avvitato all’interno senza attraversare del tutto il tappo stesso; quindi, utilizzando la leva più corta del cavatappi si potrà iniziare l’estrazione fino a quando il tappo inizierà a piegarsi leggermente verso l’esterno, per passare quindi alla leva più lunga che garantirà un’estrazione completa in posizione perfettamente verticale. In mezzo a questi passaggi ci sarebbero dei momenti di pulizia che ho volutamente tralasciato.
Stavo per concludere questo articolo quando mi ha citofonato un cavatappologo informandomi che esistono anche i cavatappi a doppia leva, anzidetti a farfalla, ma anche con le ali. Ebbene, per quanto il sommelier professionista rifugga da questo strumento facile e sicuro da utilizzare, presente probabilmente nella maggior parte delle cucine degli italiani – o forse del mondo – occorre riconoscere il merito di questa invenzione, che ha un po’ democratizzato l’uso del cavatappi, ad un italiano emigrato negli Stati Uniti che lo brevettò nel 1930.
Il prezzo di un cavatappi professionale? Da pochissimi euro a cifre inenarrabili, frutto di materiali ricercati quali, tra gli altri, legni pregiati, pietre preziose, fibra di carbonio o metalli nobili…
E se ancora siete scettici su quanta storia, ricerca ed evoluzione possa esserci dietro ad un “banale” strumento come il cavatappi beh, potreste farvi un giro al Museo del Cavatappi di Barolo (CN) dove, grazie alla passione di un privato cittadino, sono esposti ben 500 cavatappi differenti da lui stesso collezionati negli anni.
Roberto Lo Russo
Formazione Sommelier Degustibuss Milano