Immaginate di avere in cantina una bottiglia pregiata, di alto valore economico e dal nome tuonante, della quale hai monitorato le quotazioni di mercato già da un bel po’ di anni. In questo momento ha raggiunto quello che potrebbe potenzialmente essere il suo valore più alto: tu cosa fai? Vendi, tieni o bevi?
Tutti noi appassionati siamo compratori di vino, ma quando si entra nel mondo dei vini pregiati – internazionalmente conosciuti come “fine wines” – si prospetta davanti a noi la scelta di cosa fare con quel vino pregiato. Una domanda che può apparire quasi banale, come quella posta poco sopra, è in realtà in grado di identificare la tipologia di compratore alla quale apparteniamo: bevitori, collezionisti o investitori?
Ultimamente si parla spesso di investimento in vino (in realtà è una pratica consolidata da decenni, ma che recentemente sta sempre più attraendo interesse e capitali), ma prima di indagare sul “chi” e “come” investire facciamo un piccolo passo indietro e vediamo il “cosa” riguarda l’investimento in vino.
Sebbene non esista una definizione o dei criteri scritti su quali vini si possa investire – potenzialmente tutti – la storia ci insegna che tali vini posseggono alcuni requisiti comuni e fondamentali: sono vini di altissima qualità, confermata da valutazioni prossime ai punteggi massimi da parte dei più noti critici, spesso difficilmente reperibili per via della complicata e quasi inaccessibile filiera di distribuzione, a volte venduti su assegnazione con relative liste di attesa (a volte di svariati anni), sono vini che rappresentano uno status symbol e che si presentano sul mercato a cifre già molto importanti e il cui prezzo sui mercati secondari spesso supera immediatamente il prezzo ufficiale; in più, queste caratteristiche sono confermate dalla continuità nel corso di parecchie annate.
Dalla premessa qui sopra circa quali vini sono solitamente oggetto di investimento si può dedurre che sono vini costosi, ricercati, a volte osannati dagli acquirenti. Cerchiamo ora di capire come inquadrare questi acquirenti – potremmo essere noi – in una delle categorie citate: bevitori, collezionisti, investitori.
Il bevitore compra il vino con il puro scopo di goderlo, apprezzarlo, appagare il proprio spirito: gli proponete uno Chateau Latour del 1962 (prezzo medio € 1.650/bottiglia)? Il vostro acquirente ne gusterà fin da subito l’esperienza per i propri sensi, per lui/lei non esiste il momento giusto per bere un vino del genere, il momento perfetto è quando ne sentirà la voglia. E cosa sceglierebbe di fare quando le quotazioni dovessero raggiungere il loro picco? Facilmente non ci sarà nessuna scelta da fare, il vino sarà già nel cuore da un pezzo!
Il collezionista di vino, come i collezionisti in genere, attribuiscono ai loro acquisti un valore che spesso supera di gran lunga le loro quotazioni di mercato. Per un collezionista, che difficilmente aprirà mai alcuna bottiglia della propria collezione, il vero senso di appagamento deriva dal possesso stesso di un vino, dal piacere di ammirarlo nel silenzio della propria cantina. Anche il collezionista, di fronte al picco di valore di una bottiglia, scosterà lo sguardo dalla e-mail inviatagli da un broker in cerca di venditori verso il muro di bottiglie, quasi con fare paterno verso i propri amati. Un vero collezionista non venderà mai.
Ed eccoci all’investitore vero, per definizione. L’investitore compra con l’intento di ricavarci un profitto in un futuro. Per farlo, oltre ai capitali disponibili, occorrono ben altre capacità. Nel suo lavoro “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” l’economista John Maynard Keynes, nel 1936, ha sviluppato il concetto del “Beauty contest” ispirandosi ad un gioco a premi pubblicato da un giornale dell’epoca: il lettore doveva individuare, fra centinaia di foto di volti femminili, quelli ritenuti più attraenti (1936 eh, oggi non si può nemmeno immaginare nulla di simile…); Keynes ipotizzò che la strategia vincente non fosse di votare i volti che il giocatore ritenesse per lui più attraenti, ma quelli che secondo lui sarebbero stati i volti più votati da tutti gli altri partecipanti, ponendo indirettamente le basi su cui sarebbero nate poi le più note strategie di investimento sul mercato azionario. Tradotto per noi compratori di vino? L’investitore non compra ciò che reputa di valore ma quei vini che, secondo le sue stime, saranno più desiderati in futuro dalla maggior parte dei potenziali acquirenti.
L’investimento fine a sé stesso richiede sforzi economici ingenti e un orizzonte temporale medio-lungo, nell’ordine di almeno 10-15 anni, ma al momento è ritenuto uno dei mercati più remunerativi e sicuri, se comparato con altri settori (oro, azioni ed altri).
Oltre agli alti profitti attuali, l’investimento in vino presenta indubbi punti di vantaggio rispetto ad altri mercati: storicamente sappiamo che, in pratica, non ha mai avuto flessioni negative negli ultimi 30 anni, è pressoché insensibile al contesto macro-economico, rappresenta un bene tangibile, la domanda di vino pregiato continua a salire e, col trascorrere degli anni, la quantità disponibile si assottiglia sempre più.
Parleremo prossimamente degli strumenti per avvicinarsi al mondo dell’investimento nel settore del vino, pro e contro delle varie opzioni e suggerimenti pratici. Per adesso, fermatevi a riflettere attentamente su quale tipologia di compratore siete, perché solo conoscendo bene noi stessi da questo specifico punto di vista potremo aver successo nella nostra strategia di acquisto e vendita.
Roberto Lo Russo
Formazione Sommelier Degustibuss Milano