Gli investimenti internazionali nel settore vitivinicolo italiano non sono mai mancati. Negli ultimi anni grandi holding o personaggi famosi cercano territori per produrre vino e spesso la ricerca si concentra nelle stesse regioni: Toscana, Piemonte, Trentino e da qualche anno in Sicilia.
Una delle regioni prese meno in considerazione, anche dagli italiani stessi, è il Lazio. Probabilmente pesa il fatto che negli anni passati la produzione vitivinicola si accostava ad un’idea di quantità a discapito della qualità.
Fortunatamente dagli anni ’90 con la viticultura moderna e alcuni cambi generazionali, il Lazio è emerso come territorio con un patrimonio geologico e pedoclimatico importante, che la rende una regione sicuramente vocata per la viticultura.
Un imprenditore tedesco, dopo aver studiato alcune delle regioni italiane, decide di investire proprio nel Lazio.
Superando i pregiudizi ha colto le possibilità qualitative di produzione operando una scelta ragionata. Anton Börner, prima di avviare il suo progetto ambizioso nel territorio di Velletri, ha avviato delle ricerche dettagliate su stratigrafia, composizione del terreno e posizione delle terre da acquistare. Così nel 2007 nasce Omina Romana, azienda affermata a livello nazionale e internazionale.
Siamo a pochi Km da Roma, precisamente tra i Colli Albani e il mare. Nel mezzo terreni vulcanici ricchi di argille, calcare e sabbie.
Attualmente la gestione di Omina è passata a Katharina Börner, figlia di Anton. Oggi come ieri la passione e il rigore sono il marchio di fabbrica di Omina che occupa circa 60 ettari di cui 50 vitati.
Nel mezzo di un grande piazzale circolare, curatissimo, si erge il corpo centrale e unico, semplice e moderno dell’azienda che racchiude sia gli uffici che la zona di vinificazione. Nalla parte opposta al cancello d’entrata, superata la struttura aziendale, c’è l’accesso al vigneto.
Passeggiare in mezzo alle vigne di Omina Romana mi incanta, considerando di essere solo a pochi km da Roma, il paesaggio è davvero unico, i filari di vite sembrano non finire quasi fino al mare.
Il Concetto di Sostenibilità
L’ordine e la precisione dei filari e tra i filari sono il risultato della dedizione dei professionisti di Omina.
Paula Pacheco, agronoma dell’azienda, mi racconta del lavoro svolto in vigna dall’inizio e di come la zonazione abbia giocato un ruolo importantissimo. Anche lo studio attento della stratigrafia del terreno ha permesso la scelta più adatta della cultivar e dei porta innesto, tanto da arrivare ad avere più porta innesto nello stesso filare di una cultivar.
L’azienda non si definisce biologica, preferisce il concetto di sostenibilità. La ricerca tecnologica assume un ruolo importante, nulla viene lasciato al caso, come il continuo monitoraggio operato dalla stazione meteorologia posta al centro dei 50 ettari vitati. La volontà di ridurre al massimo trattamenti antiparassitari e malattie fungine ha determinato l’utilizzo della ‘foglia tecnologica’, un sensore che permette di individuare i fenomeni atmosferici che potrebbero dar principio a malattie della vite, in particolare l’Oidio. I trattamenti, auto imposti, in vigna sono massimo 11 nel corso dell’anno e sono scelti esclusivamente in base a principi di sostenibilità. L’obiettivo primario è di non lasciare residui nel terreno e quindi alla pianta.
Quasi la totalità degli interventi viene eseguita manualmente, per limitare al minimo l’ingresso di macchine all’interno delle vigne, questo sia per evitare stress al terreno e alle piante, sia per abbattere emissioni nocive nell’aria.
Anche la lotta ad altri parassiti è affidata a sistemi sostenibili, come i diffusori per confusione sessuale dei parassiti o la lotta biologia, che sfruttano l’antagonismo tra insetti ‘buoni’ e insetti ‘cattivi’ e ancora trappole bio per altri tipi d’insetti nocivi per la vite.
Persino l’acqua che si usa in azienda per lavare i macchinari viene depurata attraverso vasche di decantazione con filtraggio naturale (mediante ghiaia di granulometrie diverse e piante che filtrano i metalli pesanti presenti nelle vasche). Una volta depurata, l’acqua viene riutilizzata per altri scopi in azienda, come per esempio innaffiare il giardino.
Le varietà principali coltivate sono internazionali, in particolare il Cabernet Sauvignon e lo Chardonnay, ma non mancano vitigni autoctoni come il Bellone o il Cesanese vinificato anche in purezza. Il dictac condiviso da ogni reparto è coltivare uve sane, perchè fondamentalmente avere un prodotto sano facilita le operazioni in cantina.
La Cantina
La cantina è affidata a Simone Sarnà enologo dell’azienda, coadiuvato da un grande nome dell’enologia italiana Claudio Gori.
Anche in cantina la ricerca e la sperimentazione sono sempre in movimento: alcuni tini di fermentazione sono progettati da Omina, le barrique sono frutto di studio e ricerca condivisa con le tonnelerie seguendo il principio: ‘ogni legno al suo vino’. La barrique è uno strumento, non un mero contenitore, lo scambio vino/legno è un passaggio molto delicato, la barrique può danneggiare il vino così come il vino può rovinare una barrique.
Omina Romana attualmente commercializza 16 etichette comprensive di linee bianchi, rossi e l’Ars Magna, linea di punta, per la quale la vinificazione viene spinta oltre l’asticella della qualità.
Già avevo visitato qualche anno fa Omina, e sono contento di aver ritrovato la stessa passione e dedizione, un’azienda giovane e dinamica che ha contribuito e contribuisce a dare lustro al Lazio, regione in continua evoluzione a livello vitivinicolo. Complimenti alla famiglia Börner che ha fatto di questa terra la sua casa, e a tutto lo Staff di Omina Romana.