C’è sempre un che di terrore nelle espressioni di chi, per la prima volta, si avvicina al mondo della degustazione. In particolare, l’analisi olfattiva – la ricerca e identificazione dei profumi – è spesso vista come il regno dell’oscuro, nel quale solo pochi stregoni sono in grado di individuare con cognizione gli aromi contenuti in un bicchiere.
Superato il primo momento destabilizzante, complice il cimentarsi nello sport estremo del tenere correttamente il bicchiere tra le mani, si sprofonda nell’auto-convinzione che non potremo mai percepire davvero gli aromi. Fino a che…
Fino a che non si capisce cosa – e come – cercarlo
L’errore più comune commesso da chi si avvicina alla degustazione è quello di incaponirsi fin da subito per scovare dettagliatamente un profumo. Così facendo però si rischia di adottare il corrispettivo della visione a tunnel nell’usare l’olfatto, restringendo la “visione” nella parte centrale della nostra ricerca ma ignorando tutto quanto potrebbe esserci intorno al nostro obiettivo.
Per ovviare a questo banale ma fondamentale errore si adotta un approccio più generalista, e per gradi. Partendo dalla ricerca di macro-famiglie (frutta, fiori), si cerca di scendere sempre più nel dettaglio – ove possibile – fino ad arrivare a identificare ciò che meglio rappresenta la sensazione odorosa (frutta – frutta bianca – frutta con nocciolo – mela – mela verde – mela verde matura – mela verde surmatura…). Così facendo, giocheremo a “Indovina chi?” con il nostro naso, ponendoci di volta in volta qualche domanda che ci guiderà verso la descrizione più appropriata.
Come dite? Avete utilizzato questa tecnica ma ancora fate fatica a identificare i profumi? Rilassatevi, è normale. Manca un tassello fondamentale, da posizionare ancora prima di iniziare a degustare. Si chiama “memoria olfattiva”. Quel fantastico organo che è il nostro cervello memorizza fin dalla più tenera età tutto ciò che ci capita, profumi e odori inclusi, ma il problema è che spesso le informazioni sono archiviate in vecchi bauli di legno dentro soffitte polverose…e chissà poi dov’è finita la chiave del lucchetto! La buona notizia è che tutte queste informazioni possono essere recuperate con un po’ di esercizio. Portando un vino al naso, alcuni profumi sono notoriamente più facili da identificare (esempio banana, mela, pera) perché la maggior parte di noi ha confidenza con questi; ma in un bicchiere può esserci ben più di questo.
Ma allora, perché facciamo così fatica a dare un nome ai profumi? Tutta colpa dell’evoluzione! I nostri avi usavano l’olfatto per capire se un cibo avrebbe potuto ucciderli o se fosse commestibile, ma in epoca moderna, per salvarci la vita, è sufficiente leggere la data di scadenza. L’effetto negativo è che, però, abbiamo smesso di annusare il cibo – e in generale, abbiamo smesso di usare l’olfatto – perdendo così la possibilità di memorizzarne i profumi e costringendo il cervello a mettere da parte informazioni ormai non più necessarie. Compiti delle vacance quindi: riprendere ad annusare quanto più possibile – nei limiti della legalità – e memorizzare la sensazione che ogni profumo ci lascia.
Dal Video: Ciao Degustibuss,
oggi andremo ad effettuare quello che chiamiamo Esame Olfattivo del nostro vino. Quindi avvicineremo il calice al naso per andare a valutarne inizialmente se è pulito o difettato, poi parleremo dell’intensità.
L’intensità che può essere leggera, media o pronunciata, per infine andare a descrivere quelli che sono gli aromi primari, quindi derivanti proprio dal vitigno stesso quindi gli aromi varietali, gli aromi secondari che sono quelli derivati dalla fermentazione, e per concludere gli aromi terziari derivanti quindi dall’evoluzione del vino stesso.
Raffaella Mattioli
Wine Educator
I profumi sono molecole odorose presenti in natura cui, per convenzione, attribuiamo un descrittore facilmente riconoscibile. Le famiglie di profumi sono molte e man mano che scendiamo nel dettaglio dei descrittori, la quantità cresce esponenzialmente. Allenare la nostra memoria olfattiva significa quindi non porsi limiti su quel che potremmo percepire in un vino e, di conseguenza, su quando c’è nel mondo di cui potremmo – e dovremmo – memorizzarne il profumo. Andiamo al mercato, in un vivaio, in un giardino botanico; ma anche in un’azienda agricola, tra campi di fieno e stalle, in erboristeria e in falegnameria. Posti in cui probabilmente tutti noi siamo già stati, ma i cui profumi li abbiamo dimenticati.
Riscoperta la memoria olfattiva e applicate le corrette tecniche di degustazione, il modo migliore per mettere a frutto la teoria è ovviamente la pratica, per la quale l’esercizio di gruppo acquisisce un ruolo fondamentale. Degustare in gruppo mette i partecipanti a proprio agio e elimina immediatamente la sensazione di non riuscire, stimola il singolo a mettersi in gioco sviluppando così, in maniera naturale, la capacità di degustare correttamente in autonomia. Degustare in gruppo significa anche definire la “tara” dei propri sensi: come possiamo sapere se mettiamo troppo sale nell’acqua della pasta, se non abbiamo mai ospiti a cena? Il confronto è fondamentale, ancora una volta, per imparare a descrivere correttamente ciò che stiamo percependo, in termini di quantità e natura dei profumi che percepiamo.